La composizione, la diversità e l’abbondanza del microbiota intestinale dipendono soprattutto da ciò che mangiamo. Negli ultimi decenni le abitudini alimentari sono cambiate notevolmente, da cui la maggior frequenza dei disturbi digestivi. Il modo di mangiare occidentale porta a una ridotta diversità del microbiota intestinale, mentre la dieta mediterranea è associata ad un microbiota più vario e stabile.
La consapevolezza della connessione tra microbiota intestinale e salute è aumentata in modo significativo negli ultimi decenni. Ora sappiamo che un microbiota alterato è legato a una serie di patologie, tra cui disturbi mentali, malattie gastrointestinali, l’obesità e il diabete mellito di tipo 2.
La varietà e l’abbondanza del microbiota intestinale e il rapporto favorevole tra i principali rappresentanti dei batteri Bacteroidetes e Firmicutes sono il segno di un buon microbiota intestinale e un ottimo modo per raggiungere uno stato di salute generale soddisfacente. Gli alimenti integrali, in particolare le fibre, sono i principali promotori della diversità microbica.
Perché l’assunzione di fibre è importante per il microbiota intestinale?
La maggior parte del microbiota si trova nell’intestino crasso, dove l’ambiente è favorevole alla sua sopravvivenza. Gli esseri umani non possono digerire le fibre perché mancano di determinati enzimi per farlo. Tuttavia, le fibre non restano inutilizzate, perché nell’intestino crasso vengono utilizzate e fermentate dal nostro microbiota intestinale che produce metaboliti batterici, ossia acidi grassi a corta catena (butirrato, acetato e propionato).
Questi acidi grassi a corta catena svolgono un ruolo importante nella regolazione dell’appetito, nella funzione di barriera intestinale, nel metabolismo dei grassi, nell’inibizione degli organismi patogeni, nel miglioramento del sistema immunitario, nell’integrità della barriera ematoencefalica, nella protezione contro il cancro del colon e, inoltre, sono il carburante per le nostre cellule intestinali (butirrato).
Dobbiamo prendere coscienza del fatto che, quando scegliamo il cibo che mangeremo, non pensiamo solo alla nostra alimentazione, ma anche all’alimentazione del nostro microbiota intestinale, perché i microbi nell’intestino competono tra loro contendendosi sia i nutrienti, sia lo spazio. La qualità, la quantità e il tempo di assunzione del cibo giocano un ruolo decisivo nella formazione del microbiota intestinale e nel funzionamento dell’intestino.
Quindi, mangiando cibo adatto, possiamo incoraggiare la crescita dei batteri benefici. Mangiando, invece, cibo inappropriato possiamo ridurre la diversità del microbiota intestinale e incoraggiare la crescita dei batteri nocivi. I cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale hanno un’importanza decisiva sul nostro benessere e sullo stato di salute generale del nostro organismo.
Perché dovremmo prenderci cura del nostro microbiota intestinale?
Il microbiota intestinale ricopre molti ruoli importanti nel nostro corpo:
- aiuta il metabolismo del cibo che entra nell’intestino crasso non digerito, consentendo così l’utilizzo di quei nutrienti che, altrimenti, andrebbero persi con le feci,
- aiuta nella sintesi e nella conversione dei nutrienti essenziali, come gli acidi grassi a corta catena, la vitamina K, la tiamina, la biotina, la vitamina B6 e i neurotrasmettitori (serotonina),
- “educa” e regola direttamente il nostro sistema immunitario (incide sull’equilibrio dei processi infiammatori e antinfiammatori nell’intestino),
- la fermentazione microbica delle fibre crea un ambiente leggermente acido nell’intestino, che inibisce la crescita eccessiva di batteri nocivi e mantiene, così facendo, l’equilibrio tra microrganismi benefici e opportunisti,
- il suo ruolo più importante è mantenere l’integrità dell’intestino.
Per tutti questi ruoli, e per tutto ciò che ancora ignoriamo sul microbiota intestinale, una cosa è certa: la sua alterazione può portare al peggioramento delle nostre condizioni di salute.
Abitudini alimentari che influiscono negativamente sul microbiota intestinale
L’influenza del modo di mangiare occidentale sul microbiota intestinale
Nel secolo scorso i nostri stili di vita sono cambiati in modo significativo a causa dell’urbanizzazione. Dedichiamo più tempo al lavoro, il che riduce il tempo tradizionalmente riservato ai pasti quotidiani, per i quali ricorriamo a soluzioni alimentari sempre più rapide (fast food). L’industria alimentare ha visto in quest’evoluzione un vantaggio e ne ha approfittato, offrendoci una moltitudine di differenti possibilità praticamente ad ogni angolo.
Questo genere di dieta si basa su un apporto energetico eccessivamente elevato, un elevato apporto di alimenti trasformati ricchi di additivi, zuccheri semplici e grassi saturi e un apporto significativamente maggiore di proteine di origine animale. D’altra parte, questo tipo di dieta è accompagnato da un insufficiente apporto di fibre (frutta, verdura, legumi e cereali integrali).
L’assunzione di tali alimenti non crea un ambiente favorevole allo sviluppo dei batteri utili per il nostro organismo; al contrario, favorisce la crescita di quei batteri che, quando sono troppi, riducono l’integrità della parete intestinale.
In vari studi è stato osservato che le persone che si nutrono principalmente di cibi altamente trasformati hanno:
- un microbiota intestinale scarsamente diversificato e un più elevato livello di endotossine (lipopolisaccaridi) nel sangue, il che indica che hanno una maggiore permeabilità intestinale e un maggior numero di batteri che hanno lipopolisaccaridi nelle loro pareti cellulari;
- un ridotto livello di acidi grassi utili a corta catena.
Tutto ciò è associato agli stati infiammatori e ad un maggiore rischio di sviluppare malattie croniche. Sfortunatamente, il modo di mangiare all’occidentale è diventato lo standard nei paesi sviluppati e lo sta diventando sempre più anche nei paesi in via di sviluppo.
L’influenza di strategie dietetiche basate su un elevato apporto di grassi o su nutrienti di origine animale (diete chetogeniche e a base di carne) sul microbiota intestinale
Una dieta chetogenica è un tipo speciale di dieta, in cui viene prestata la massima attenzione all’assunzione di carboidrati. Con un’assunzione estremamente bassa di carboidrati (di solito inferiore a 50 g/giorno) e un’elevata assunzione di grassi, otteniamo la produzione di corpi chetonici nel fegato, che l’organismo utilizza poi come combustibile.
Tali diete ad altissimo contenuto di grassi riducono il numero di bifidobatteri e lattobacilli benefici perché i corpi chetonici inibiscono la loro crescita e, quindi, la produzione di butirrato, il combustibile di base delle cellule intestinali. Nel frattempo, cresce il numero di alcune specie di batteri Firmicutes, associate all’eccesso di peso corporeo. Tuttavia, non è chiaro se la vera causa sia l’elevato apporto di grassi o la carenza di fibre che accompagnano questo tipo di dieta.
La dieta della carne (originariamente detta “dieta carnivora”) è una delle ultime diete più popolari. Estremamente restrittiva, si basa sull’assunzione predominante di nutrienti di origine animale (carne, pesce, uova, latticini) e sull’esclusione di tutti i nutrienti di origine vegetale (frutta, verdura, frutta a guscio, semi, cereali…)
In che modo la dieta a base di carne influisce sul microbiota intestinale?
Un elevato apporto di proteine animali (a cui di solito fa seguito un maggiore apporto di grassi saturi) è associato ad un aumento del numero di Bacteroides, che scompongono la mucosa intestinale, aumentano la permeabilità intestinale e producono metaboliti associati al cancro del colon e alla diminuzione di lattobacilli benefici.
La decomposizione della mucosa intestinale è un processo naturale che avviene ogni giorno. Nel caso di un elevato apporto di proteine di origine animale e, contemporaneamente, di un apporto troppo basso di fibre vegetale, tale decomposizione avverrà più rapidamente.
Può capitare che, a causa di questo modo di mangiare con un ridotto apporto di fibre vegetali, si riducano il gonfiore e la flatulenza, ma questo non significa che il nostro intestino sia sano. Un elevato apporto di proteine di origine animale con, nel contempo, un basso apporto di nutrienti di origine vegetale (in queste strategie alimentari, ci si riferisce principalmente a cereali e legumi), oltre ad avere un impatto negativo sulla composizione del microbiota intestinale, riduce la produzione di butirrato, contribuendo anche all’aumento del pH nell’intestino crasso che favorisce la colonizzazione di batteri opportunisti e nocivi nell’intestino.
Nel caso in cui la dieta chetogenica sia necessaria per ragioni mediche, possiamo ridurne l’impatto negativo sul microbiota aumentando l’assunzione di fibre da vegetali, di proteine del siero di latte e di proteine di origine vegetale (es. proteine di fagioli), oltre che aumentando l’assunzione di acidi grassi omega 3 (pesce, frutta a guscio, semi…).
L’influenza di una dieta priva di glutine sul microbiota intestinale
Talvolta la dieta senza glutine è assolutamente necessaria per motivi di salute (es. celiachia, ipersensibilità non celiaca al glutine) e per ora purtroppo non c’è altra soluzione, se non la rigorosa esclusione del glutine dalla dieta. Spesso evitiamo il glutine per altri motivi, non necessariamente di salute. In entrambi i casi, è bene che si sappia che la dieta priva di glutine a lungo andare ha evidenziato una diminuzione della diversità microbica, che può essere prevenuta assumendo sufficienti quantità di fibre da altri cereali integrali senza glutine, dalla frutta e dalla verdura.
Quali diete hanno un effetto benefico sull’intestino e sul microbiota intestinale
Vegetarianismo/veganismo
A differenza degli onnivori, i vegani escludono completamente tutti i nutrienti di origine animale e i loro prodotti (latticini e miele), mentre i vegetariani includono pur sempre uno o più alimenti di origine animale (pesce, uova e latticini) nella loro dieta. A causa del loro modo di mangiare, il microbiota dei vegani differisce da quello degli onnivori, mentre le differenze tra vegetariani e vegani sono minime.
Qual è la situazione con la diversità del microbiota intestinale negli erbivori esclusivi?
Vegetariani e vegani spesso includono più nutrienti di origine vegetale nella loro dieta. Quindi, rispetto agli onnivori, hanno un apporto maggiore di fibre e proteine di origine vegetale e ci aspetteremmo che ciò influisca su una maggiore diversità del microbiota intestinale. Tuttavia, la ricerca attuale fornisce risultati contrastanti, perché gli alimenti di origine animale, che i vegetariani ed i vegani escludono dalla loro dieta, contribuiscono anch’essi alla diversità del microbiota intestinale.
Tuttavia, prima di arrivare a concludere che una dieta vale l’altra, è bene attendere. Gli studi rivelano che vegetariani e vegani hanno una maggiore produzione di acidi grassi a corta catena e di quei batteri benefici per la nostra salute.
Il vegetarianismo e il veganismo non ci porteranno grandi benefici, anzi potrebbero essere deleteri per il nostro organismo se dovessimo nutrirci con prodotti vegani e vegetariani altamente trasformati. Quindi, una dieta completa, per lo più a base vegetale, è un modo di mangiare sano di cui il nostro microbiota ci sarà grato.
La dieta mediterranea
Infine, parliamo di quella che è probabilmente la migliore dieta in assoluto per la salute dell’intero nostro organismo e del microbiota intestinale.
L’idea della dieta mediterranea riassume il modo di mangiare tradizionale degli abitanti di Creta, della Grecia e dell’Italia meridionale intorno al 1960. Numerosi studi dimostrano l’influenza estremamente positiva della dieta mediterranea su tutti gli indicatori di salute e sul microbiota intestinale.
Le caratteristiche della dieta mediterranea sono:
- elevato apporto di nutrienti di origine vegetale e, quindi, di sostanze polifenoliche provenienti da frutta e verdura, olive e olio d’oliva, frutta a guscio, legumi e spezie ed erbe aromatiche. Hanno proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e stimolano la crescita di batteri che producono più acidi grassi a corta catena, migliorando la parete intestinale e riducendo l’infiammazione intestinale;
- assunzione di un minimo di 14 g di fibre ogni 1000 kcal, che è quasi il doppio rispetto alla dieta occidentale (8 g di fibre/1000 kcal);
- elevato apporto di fibre con proprietà prebiotiche (es. aglio e cipolla) e carboidrati a basso indice glicemico (legumi, cereali integrali);
- maggiore apporto di acidi grassi insaturi e acidi grassi omega 3 dal pesce (l’olio extravergine di oliva è la principale fonte di grassi nella dieta mediterranea);
- maggior apporto di proteine di origine vegetale;
- basso apporto di proteine di origine animale (al massimo una volta alla settimana e prevalentemente carne magra), alimenti trasformati (ad esempio carne rossa trasformata) e grassi saturi (burro, ciccioli);
- assunzione moderata di prodotti lattiero-caseari (per lo più sotto forma di prodotti fermentati).
Le persone che seguono prevalentemente la dieta mediterranea hanno una maggiore diversità microbica, con maggiore presenza di lattobacilli e bifidobatteri benefici.
Tale composizione microbica e l’assunzione di nutrienti che la favoriscono, porta ad una maggiore produzione di nutrienti di acidi grassi a corta catena e, quindi, ad un ridotto rischio di squilibrio e di eccessiva permeabilità intestinale.
Ad esempio, il numero di Faecalibacterium prausnitzii e di Roseburia hominis è associato positivamente al consumo di frutta, vino rosso e pesce grasso, legumi e cereali, ma negativamente al consumo di prodotti con maggiore contenuto zuccherino. Questi batteri sono noti per le loro proprietà antinfiammatorie e, facendo fermentare le fibre, contribuiscono alla protezione della parete intestinale.
In conclusione
Tieni presente che per un equilibrato microbiota intestinale e per il suo mantenimento, è consigliabile ridurre l’assunzione di alimenti trasformati e grassi saturi e, invece, mangiare cibo vario e colorato, basato principalmente su nutrienti di origine vegetale (frutta e verdura, legumi, cereali integrali) e un buon apporto di acidi grassi omega 3.
Una dieta simile aumenta la diversità microbica e migliora il rapporto tra batteri benefici e nocivi, il che porta a una buona integrità intestinale, alla riduzione dello stress ossidativo e dell’infiammazione, ad una migliore sensibilità all’insulina e ad un miglior funzionamento del sistema immunitario, riducendo altresì il rischio di sviluppare una serie di malattie croniche che sono associate a infiammazioni di basso grado.
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